La fine di Google Plus

Oggi, 9 ottobre 2018, Google chiude ufficialmente Google Plus.

La fine è motivata principalmente da una falla nella sicurezza che, per oltre tre anni, avrebbe esposto migliaia di utenti a potenziali attacchi e furti di dati. È stato il Wall Street Journal a raccontare per primo della vulnerabilità con un bug che secondo la testata era noto a Google almeno dal mese di marzo.

In realtà era morto da tempo, quasi dalla nascita.

Per almeno tre motivi:

La timidezza

Google Plus è un social troppo timido per competere con l’esuberanza di Instagram, l’aggressività di Facebook e la velocità di Twitter. E non ha nemmeno i filtri di Snapchat. In un mondo dove i social ci hanno conquistato offrendoci sempre più spunti per metterci in mostra, la costruzione di G+ non regge. Gli stessi blogger, che prima utilizzavano questa piattaforma per aumentare l’audience, si sono ora dedicati a Instagram, privilegiando le immagini ai testi.

Ha preso il meglio delle caratteristiche di Facebook e Twitter e le ha riunite in un solo prodotto. Dal punto di vista di un utente questo non significa necessariamente soddisfare tutte le esigenze possibili.

La grafica

Portale confusionario e dall’uso poco immediato. Non si aveva la sensazione di essere aggiornati su quello che stanno facendo i nostri contatti, ma di entrare in una grande community dove bisogna orientarsi a ogni accesso.

Incapacità di attrarre clienti business

Il cuore di un’esperienza social “aziendale” – cioè l’interazione utenti-brand – non può trovare spazio dove non c’è engagement da parte degli utenti.

Nella nota relativa alla chiusura, Google spiega tra le altre cose che Google Plus attualmente registra tassi di uso ed engagement piuttosto bassi e che il 90% delle sessioni dei suoi utenti durano meno di 5 secondi.

Lascia un commento