Una storia su un aspetto “triste” legato al talento e soprattutto al fatto di quanti rimangano nascosti e conosciuti solo quando non possano più gloriarsene.
Vivian Maier faceva la tata, le piaceva inventare avventure per le strade del vicinato e nei suoi momenti liberi non usciva mai senza macchina fotografica. Questa tata dalle scarpe grosse e accento francese era uno degli sguardi più acuti della sua generazione.
È riservata, non ha amici o un amore; fotografa per trovare il suo posto nel mondo. Fotografa per se stessa: non mostra mai il suo lavoro e non permette ai bambini di entrare nella camera oscura che allestisce nella propria stanza, anche per dare un volto a se stessa. Nel suo vastissimo catalogo di frettolosi passanti compare, nei molti autoritratti, anche lei. Col cappotto pesante e lo sguardo vagamente interrogativo, i capelli corti tenuti di lato dal fermaglio e una leggera increspatura di sorriso, Vivian Maier fotografa per ricordare e per non essere dimenticata.
Vivian e la sua arte è stata scoperta per caso da John Maloof, con la passione della fotografia, che, in un’asta a San Francisco, acquista una scatola di negativi a 400 dollari, un tesoro di circa 150mila negativi, oltre 3mila stampe e migliaia di rulli di pellicola.
Proprio lui afferma «Più imparo su di lei, più ne resto affascinato. Le devo uno sforzo perché le venga riconosciuto un posto tra i grandi fotografi del suo tempo».
Qui il Trailer del documentario “Finding Vivian Maier”

